
Negli anni è stata annunciata come la tecnologia destinata a rivoluzionare la mobilità sostenibile, superando anche i limiti delle batterie elettriche. Eppure, nel 2025, l’idrogeno resta ancora lontano dall’essere una realtà quotidiana per chi guida in Italia.
Nonostante l’attenzione da parte delle istituzioni e gli investimenti previsti a livello europeo e nazionale, le auto a idrogeno rimangono una proposta di nicchia. I punti di rifornimento si contano sulle dita di una mano, e l’offerta di modelli sul mercato è estremamente ridotta.
Tante promesse, pochi risultati
Nel tempo sono stati annunciati diversi progetti ambiziosi per sviluppare una filiera dell’idrogeno su scala nazionale:
- Green Hydrogen Valley in Puglia: iniziativa portata avanti da Edison, Snam e Saipem, con tre impianti di elettrolisi alimentati da energia solare a Brindisi, Taranto e Cerignola.
- H2 South Italy in Sardegna: progetto di Enel Green Power per produrre idrogeno verde sfruttando le fonti rinnovabili disponibili sull’isola.
- Hydrogen Valley di Porto Marghera: in Veneto, focalizzata sulla produzione di idrogeno blu, ottenuto da gas naturale con cattura della CO₂.
- Filiera dell’idrogeno in Lombardia: guidata da A2A e Snam, mira alla produzione e all’utilizzo di idrogeno per applicazioni industriali e di mobilità.
Questi progetti rientrano tra gli obiettivi sostenuti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha stanziato oltre 3,6 miliardi di euro allo sviluppo dell’idrogeno entro il 2026. Il traguardo europeo è ancora più ambizioso: arrivare a 20 milioni di tonnellate di idrogeno consumato entro il 2030.
Infrastruttura ancora agli inizi
L’elemento più critico resta la rete di rifornimento. Attualmente in Italia sono operative soltanto due stazioni: una a Bolzano e una a Mestre. Entro il 2026 ne dovrebbero nascere circa 40, in gran parte collocate lungo i corridoi europei TEN-T. Ma i progetti, pur approvati, non hanno ancora prodotto risultati visibili.
Anche la rete di trasporto del gas sta cercando di evolversi. Snam, con il progetto “H₂ Ready”, punta a rendere compatibile con l’idrogeno il 70% della propria rete entro il 2030. I test attuali, però, arrivano solo al 10% di miscela idrogeno/metano.
I modelli acquistabili oggi
Il mercato italiano delle auto FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) è estremamente ridotto, sia in termini di numeri che di accessibilità economica. Le due principali opzioni oggi acquistabili sono:
- Toyota Mirai: berlina a idrogeno di seconda generazione, con autonomia fino a 650 km e rifornimento in meno di 5 minuti. Prezzo indicativo: circa 66.000 euro.
- Hyundai Nexo: SUV con un’autonomia di circa 660 km. Prezzo di partenza intorno ai 73.000 euro.
La disponibilità di questi modelli, però, ha senso soltanto per chi vive in prossimità delle due stazioni esistenti, rendendo di fatto l’idrogeno una scelta fortemente limitata a livello geografico.
Il confronto con l’estero
Nel panorama europeo e globale, l’Italia si trova ancora indietro. La Germania ha superato le 90 stazioni di rifornimento e punta a raggiungere quota 400 entro fine anno. La Francia ha un piano da 7 miliardi per lo sviluppo dell’idrogeno verde, mentre il Giappone conta già più di 160 stazioni operative. In Corea del Sud, il governo ha avviato un piano da 61 miliardi di dollari per produrre oltre 6 milioni di veicoli a idrogeno entro il 2040.
Una tecnologia promettente, ma non ancora matura
L’idrogeno rappresenta una soluzione a lungo termine, più adatta al trasporto pesante o ai settori industriali difficili da elettrificare. I limiti infrastrutturali, i costi elevati e la scarsa diffusione dei punti di rifornimento rendono difficile un’adozione su larga scala per la mobilità privata.
Le basi ci sono, ma senza una rete diffusa, costi accessibili e una produzione realmente sostenibile, l’idrogeno continuerà a restare una tecnologia dal grande potenziale, ma ancora lontana dalla vita di tutti i giorni.